“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
Gabriel Garcia Marquez
Ho compiuto quarant’anni qualche mese fa, e proprio in quei giorni sono giunta a una conclusione:
Di vita, io, ne ho vissuta tanta.
Forse sembra poca se mi siedo accanto a un anziano, di certo molta se gioco con un bambino.
Ma non parlo di numeri, di anni – per quello, a voler ben sperare, sono appena a metà strada –, o di quantità. Parlo proprio di vita.
Ne ho vissuta tanta, perché di rado mi sono risparmiata, anche quando vedevo la fine, e il dolore che si nascondeva dietro. Ho collezionato ricordi, tutti quelli che ho potuto, ché dimenticare non mi è mai piaciuto troppo.
Tra i ricordi, quelli belli, spiccano i miei ventotto anni. Un periodo colmo di bellezza, passioni, entusiasmi, dolori, rivoluzioni. Non mancò nulla. Incontrai persone che, ancora oggi, sono incrollabili pilastri. Ma accadde di più.
A ventotto anni lasciai Roma per la Provenza in treno, da sola, di notte.
Ero felice, leggera, un po’ incosciente.
Avevo la curiosità di una bambina, gli occhi grandi e il cuore aperto.
Ora, che sono dodici estati lontana da quel giorno, dodici estati lontana dal viaggio più bello che abbia mai fatto, quelle sensazioni io lo sento ancora. Le sento dentro. Pulsano nelle vene, scorrono nei pensieri. Chiudo gli occhi e c’è l’eco delle risate, il sole caldo sulla pelle, gli abbracci sinceri.
Quei ricordi sono la vita che ho vissuto, come l’ho vissuta e come la ricordo, anche quando non la racconto. Sono me, la parte più vera, quella che – chi mi conosce bene lo sa – ride sempre.
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