Sono trascorsi sessanta giorni dall’ultima volta che mi sono vestita, truccata e sono uscita con la consapevolezza (e la certezza) che stavo andando a fare qualcosa di bello: scattare fotografie per le strade di Roma che, malgrado ancora preoccupazione e pressione non fossero alle stelle, erano già quasi deserte.
In questo tempo, per certi aspetti immobile, come se qualcuno avesse preso la clessidra e l’avesse coricata su un tavolino, sono accadute molte cose. E tante altre, invece, non accadranno più. C’erano progetti, pensieri e desideri che sulla curva del nuovo orizzonte non trovano più alcun posto, o comunque non nella loro forma originaria. È un periodo in cui io, come tutti, ho fatto molte rinunce e altrettante scoperte. In tutta onestà, infatti, devo ammettere che di alcune cose avrei potuto farne a meno molto prima, se solo me ne fossi resa conto. Ad esempio, uscire sette volte per comprare cinque cose mi è successo spesso. Un po’ perché sono soprappensiero di frequente e un po’ perché avevo per le mani una possibilità che non notavo e, di certo, usavo male.
La libertà, quella intima
A guardare con attenzione, e mettendomi pure a qualche passo di distanza, solo una rinuncia mi sta pesando davvero. E più passa il tempo più metto a fuoco la cosa con lucidità e chiarezza, avvertendo una sensazione dispettosa che si diverte a camminare avanti e indietro su un sottile confine, quello che separa un impercettibile fastidio da una irritante insofferenza, al limite del dolore. È come se fossi sdraiata in un prato e un sasso, intendiamoci non parlo di un macigno, direi più un sassetto ben piazzato, fosse poggiato sul mio petto rendendomi il respiro ogni giorno più faticoso. E per me durante la primavera è impossibile anche solo immaginare di stare sdraiata sull’erba, figuriamoci se ci metto pure il sasso.
Tornando alla rinuncia, la più difficile da affrontare – e so che non sono sola a pensarlo – è quella alla libertà mentale. Una libertà intima, solo mia, solo di ogni singolo individuo. Non per egoismo, ma per essenza intrinseca.
Mi riferisco a quella libertà che mi offre su un vassoio luccicante la possibilità di fare quello che voglio, quando voglio e con chi voglio, solitamente da sola. Posate i pensieri strani in un angoletto della mente, lo so che li state facendo, li sento eh.
Io mi riferisco a cose semplici, come appunto uscire e andare a fare foto, mangiare un gelato su una panchina con il mio compagno e il suo bimbo, bere un bicchiere di vino con qualche cara amica, vedere una mostra, mettermi in macchina e guidare per n-mila chilometri solo per respirare l’aria del mare o salire sul cocuzzolo di una montagna.
Quella libertà che è sempre stata lì a portata di mano, poggiata sul mio comodino, e io la osservavo serena e convinta che avrei potuto afferrarla e viverla in ogni istante. Non avrei mai pensato che potesse finire in un momento. Inconsciamente la sentivo come un diritto guadagnato, di cui mai sarei stata privata.
È una libertà che noi esseri umani, ma solo quelli così fortunati da averla avuta, abbiamo sempre sottovalutato e dato per scontata. Almeno lo facevamo fino a un paio di mesi fa. Direi che passata l’adolescenza e al netto di situazioni malsane, nessuno di noi si è più trovato davanti qualcuno intento a dirgli “ehi guarda che non puoi mica muoverti da casa come e quando ti pare, sai”.
E con la perdita della liberta, spero temporanea, fa il paio la sensazione di instabilità data da un futuro del tutto sconosciuto. E per quanto ci sia cresciuta con la certezza dell’incertezza, anche se traballanti, prima avevo dei riferimenti a cui aggrapparmi per fare qualche previsione. Ora, invece, siamo tutti naviganti che procedono a vista; una vista offuscata da una nebbia fitta di timori e inquietudini per quello che verrà.
Nonostante tutto…
Passati i coups de blues, però, mi ritrovo ottimista. Penso che altri prima di me, di noi, hanno vissuto momenti molto difficili e li hanno superati, di certo non indenni. E come dice una frase che mi piace tanto, anche se non ho mai scoperto chi l’abbia detta:
Le cicatrici ci ricordano dove siamo stati, ma non devono decidere dove andremo.
Così penso che supereremo tutto e troveremo la chiave per affrontare i giorni che verranno, uno dopo l’altro. E quando poi torneremo padroni della nostra libertà la tratteremo con più cura e le daremo più valore. Almeno questo è quello che mi auguro di riuscire a fare io!
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