“La più alta espressione dell’empatia è nell’accettare e non giudicare.”
Carl Rogers
Un anno fa scrivevo una riflessione sulla mia pagina Facebook, spinta da una amica “virtuale” che mi aveva chiesto un parere sull’empatia e su quello che sostenevano in questo articolo. Ovviamente vi consiglio di leggerlo, per capire e inquadrare le mie parole!
Vi lascio comunque un’ancora al discorso: in sostanza l’articolo mette in evidenza quello che viene definito il lato oscuro delle persone empatiche, la tristezza. Sono d’accordo con molto di quanto scritto, ma dissento su questo aspetto. Certo, ognuno di noi ha un lato oscuro, per fortuna aggiungerei!
L’empatia…
Io trovo che gli empatici siano molto forti e molto delicati allo stesso tempo, rischiano di venire feriti facilmente, ma guariscono e tornano ancora più solidi. Hanno più difficoltà a trovare qualcuno che riesca a “capirli”, a star loro vicino. Spesso sono solitari, ma in senso positivo (la solitudine buona).
La faccenda dell’empatia nella mia testa ha sempre fatto il paio con quella dei gruppi sanguigni. Vi chiederete: “e cosa c’entra?”
Io credo che gli empatici siano uno 0 negativo. Sono donatori universali, ma solo un altro 0 negativo può ricambiare il favore. E come il sangue, anche l’empatia non si cambia. Non ci si può scrollare dalle spalle la propria natura. Se siete empatici, la cosa migliore che potete fare è accettarlo e trovare il vostro personalissimo modo di usare questo aspetto per rendere migliore la vita vostra e di chi vi circonda.
Empatici si nasce, poi con il tempo, l’esperienza e la consapevolezza si affina la qualità – perché per me è e resta una qualità – e si impara a gestirla.
… e come gestirla
La gestione è un aspetto fondamentale per non lasciarsi sopraffare dalle brutture del mondo, dalle energie che gli altri scaricano o prendono da una persona empatica.
Approfittare delle situazioni, mi riferisco a circostanze in cui però non ci sia cattiveria o premeditazione, è nella natura umana e chi si accorge di avere a che fare con un empatico potrebbe provarci. Se siete stati a contatto con persone simili sapete che senso di benessere e sollievo si prova, anche solo ad averle vicino.
Per fare in modo che il mondo non ne approfitti, l’empatico deve essere equilibrato, consapevole e centrato, deve costruirsi come un solido, capace di diventare liquido, ma senza disperdersi. Insomma, dipende da lui non doversi difendere trincerandosi dietro muri protettivi, sapendo fare della consapevolezza la sua miglior alleata.
Su cosa non sono d’accordo e perché
A un certo punto, nell’articolo si dice: “La loro profonda comprensione di quello che esiste e opera nel mondo è sufficiente per confonderli e rattristarli. Per questo molto spesso, tendono ad essere malinconici, l’emozione che li domina, infatti, è la tristezza.”
Conosco molte persone empatiche e non sono dominate dalla tristezza, anzi. Sono persone profonde e molto riflessive, ma non tristi.
Mi riferisco agli empatici consapevoli, quelli che hanno accettato la loro natura smettendo di combatterla e di chiedersi continuamente perché loro sembrano “utili” a tanti e quasi nessuno lo è per loro. Queste persone hanno imparato a dare in serenità senza sentirsi depredati. Vedono e sentono un po’ di più, ma non per questo sono tristi e malinconici. Quando un empatico è consapevole, sa dosare le emozioni in modo più equilibrato per se stesso e sa essere di aiuto senza lasciarsi stravolgere, confondere o rattristarsi.
Essere empatici è bello, sicuramente complesso, ma non per forza complicato – e se la sapete notare, la differenza tra complesso e complicato è abissale. Di sicuro è impegnativo, ma dà ricchezza e un grande senso di pace. E poi, se siete nati empatici, pensate davvero che sarebbe possibile tornare indietro e farsi dare “carte diverse”?
Leave A Reply